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Le donne cambiano

  13 dicembre 2008

Di tutti i mutamenti che hanno attraversato l'Italia negli ultimi 20 anni, la trasformazione nell'identità e nell'esperienza delle donne rappresenta uno dei fenomeni più significativi e diffusi. Come nel resto d' Europa , la maggioranza delle donne italiane afferma oggi di trovarsi in una condizione di vita migliore di quella delle proprie madri, e cita come fattori di questo miglioramento non solo le condizioni economico-sociali e sanitarie, ma soprattutto la libertà di scelte autonome per quanto riguarda la vita personale , la procreazione e l'accesso alle opportunità formative.

In Italia infatti negli ultimi anni il tasso di scolarità femminile e di rendimento negli studi è cresciuto fino a superare quello maschile, a tutti i livelli scolastici, dalla scuola dell'obbligo all'università. Un analogo "vantaggio" a favore delle ragazze si nota anche per quanto riguarda i processi di approfondimento informali. Le ragazze leggono più libri, vanno di più a teatro, scrivono di più diari, racconti poesie, cantano, ballano, frequentano musei, dipingono, scolpiscono in percentuali sempre superiori a quelle dei loro coetanei maschi.

Se la capacità di apprendimento e la volontà di investire nella propria formazione è particolarmente visibile fra le donne più giovani rispetto ai loro coetanei, va detto però che si tratta di un fenomeno che investe tutte le generazioni, e che riguarda non solo l'esperienza individuale, ma anche la dimensione collettiva e organizzata.

Nell'Italia di oggi le donne si caratterizzano come soggetti capaci contemporaneamente di riflettere sulle esperienze del passato e di adattarsi a condizioni di continuo mutamento, sia attraverso la vita personale che nel lavoro di cura, nella vita familiare come nel volontariato,nelle professioni, nell'associazionismo di base.

E' insomma di segno specificatamente femminile l'esperienza dell'apprendimento per tutto il corso della vita e della costruzione delle nuove forme di lavoro e dl leadership.

Più occupate più disoccupate

L'impatto fra queste potenzialità positive e l'accesso al mondo del lavoro retribuito è ancora estremamente complesso.

La mutata soggettività e assertività femminile è chiaramente visibile nell'aumento della presenza di donne nel mercato del lavoro. Tra il 1993 e il 1998 sono aumentate sia le occupate sia le disoccupate; è in aumento sia il tasso di attività femminile che la pressione sul mercato del lavoro di donne che non intendono più abbandonarlo al momento del matrimonio o della nascita del primo figlio. Crescono inoltre le figure professionali più qualificate (imprenditrici, libere professioniste, socie cooperative, quadri dirigenziali) mentre diminuiscono le operaie occupate in un agricoltura.

Contemporaneamente, sono aumentate le impiegate e le donne occupate in un settore in crescita e sempre rilevante come quello dei servizi . Questa linee di tendenza positive si scontrano con le forti difficoltà vissute dalla donne nel mercato del lavoro. Secondo i dati ufficiali sull'occupazione, la disoccupazione è tuttora l'esperienza dominante per le giovani fra i 15 e i 24 anni, e più di quanto avvenga per i loro coetanei maschi.

Al sud risultano disoccupate il 64,5 per cento delle ragazze e il 51% dei ragazzi: Anche fra le generazioni adulte, il tasso di disoccupazione femminile è ancora più alto di quello maschile.

Infine è più marcata la presenza di donne nel lavoro nero e nelle forme di lavoro flessibile e atipico. Per le giovanissime, inoltre, la flessibilità risulta essere una condizione imposta più che ricercata, sia per quanto riguarda il part-time che nel lavoro a tempo determinato. Nell'offerta dei nuovi lavori prevalgono scarsa tutela e forte precarietà.

Famiglia, famiglie

Il peso di queste difficoltà e contraddizioni nella vita delle donne è ulteriormente aggravato da uno dei più forti elementi di disuguaglianza oggi presenti nello scenario sociale italiano: la suddivisione totalmente squilibrata del lavoro di cura.

Per le donne italiane le relazioni familiari, tradizionali e non, le donne svolgono compiti di cura ed esercitano autorità, assicurando nel contempo la gestione del circuito affettivo e relazionale. Ma le famiglie restano un luogo caratterizzato anche da forti contraddizioni e disparità.

Nella vita delle donne occupate con i figli , il lavoro familiare è centrale e il tempo libero è residuale.

Per gli uomini occupati con figli, invece, è centrale il tempo libero e residuale il lavoro familiare. Più della metà delle donne occupate con figli lavora (tra lavoro retribuito e lavoro di cura) 60 ore la settimana; è appena del 21,4 per cento la percentuale di padri con bambini fino a due anni che si occupa quotidianamente di loro.

La conseguenza più paradossale di questo stato di cose è nell'apparente "vantaggio", dal punto di vista del carico di lavoro, che sembra rappresentare per le donne l'assenza di un partner: le madri sole svolgono in media 2 ore in meno di lavoro familiare al giorno rispetto alle donne coniugate con figli.

Queste informazioni, naturalmente, vanno lette solo alla luce dei dati sul lavoro e sulla disponibilità di servizi, ma anche delle modifiche avvenute nei modelli familiari che in Italia come in altri paesi europei si vanno diversificando.

I nuclei familiari rappresentati da genitori soli, single non vedovi, convivenze e famiglie ricostruite, rappresentano il 10,4 per cento della popolazione.

Aumenta sia il numero delle persone che vivono sole che la percentuale dei giovani fra i 18 e i 34 anni che ancora vivono in famiglia; per contro, il 71,3 per cento dei nuclei familiari non supera i tre componenti e il numero di figli per donna (1,21) è oggi tra i più bassi del mondo. Difficile valutare quanto questo fenomeno sia collegabile ai dati che abbiamo appena citati sulla distribuzione disuguale del lavoro di cura. Certamente però il carico del doppio lavoro, per il mercato e in famiglia, insieme alla carenza di servizi sociali, può ostacolare la realizzazione del desiderio di maternità.

Chi governa chi decide

L'altro terreno di profonda disuguaglianza riguarda la distribuzione dei ruoli decisionale. nonostante l'aumento di donne nei ruoli di governo, rimane ingiustificata e per nulla rappresentativa della realtà sociale una presenza parlamentare delle donne ancora confinata all'11 per cento, la presenza di sol un 6,4 per cento dei sindaci donna, solo il 5,8 per cento presidenti di provincia, e solo due donne alla presidenza delle regioni.

Preoccupante anche la scarsa presenza delle donne nei ruoli dirigenziali della pubblica amministrazione, delle imprese private, dei mass media, delle università; nella magistratura, il 4,1 per cento di donne presidenti di sezione stride con il sorpasso invece effettuato dalle ragazze sui maschi negli ultimi concorsi di accesso alla carriera.

Siamo insomma di fronte a una contraddizione di fondo fra la dinamica dell'esperienza e delle nuove competenze e il permanere di ostacoli che impediscono l'accesso ai luoghi decisionali e alla rappresentanza politica. La forza quotidiana esercitata dalle donne nei processi di trasformazione e modernizzazione dell'Italia rischia di apparire debolezza quando si guarda ai poteri formalizzati, quantificabili, in particolare nelle istituzioni.

Questa situazione configura un deficit di democrazia, rappresenta uno degli elementi chiave dell'attuale crisi di credibilità delle nostre istituzioni e mette in evidenza la necessità di riformare profondamente le forme di partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita del paese.