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Violenza contro donne

Violenza contro le donne

Contesto

La realtà italiana negli ultimi anni, grazie al lavoro dei movimenti delle donne nella società e alle iniziative adottate dalle istituzioni, ha fatto grandi passi avanti rispetto alla soglia di tolleranza della violenza maschile, nonostante molte contraddizioni e aperte ostilità. La solidarietà attiva delle donne alle donne vittime di violenza si è espressa con l'azione di un centinaio di associazioni diffuse in tutta Italia che in collaborazione con gli enti locali territoriali hanno dato vita a 17 centri antiviolenza e creato nuovi servizi che comprendono la consulenza giuridica, l'assistenza psicologica e altre forme di sostegno.

Queste esperienze hanno prodotto una maggiore conoscenza del fenomeno della violenza contro le donne e i minori.

Il fenomeno, tuttavia, rimane grave e complesso.

Negli ultimi anni le denunce di violenza sessuale e di maltrattamenti fisici e psicologici nell'ambito familiare sono praticamente raddoppiate.

Inoltre moltissimi incidenti con lesioni gravi, denunciati come incidenti domestici, riguardano invece violenze e maltrattamenti nell'ambito familiare, come riconosce anche l'ultimo Piano sanitario nazionale.

Una rilevazione svolta dall'Istituto nazionale di statistica (Istat), con una ricerca su un campione di più di 20 mila donne tra i 14 e i 59 anni, attesta che in oltre l'80% dei casi la violenza avviene nel contesto di rapporti di fiducia. Lo stesso dato risulta dal lavoro dei centri antiviolenza: circa il 90 per cento delle donne che vi si rivolgono hanno subito violenza fisica e sessuale nell'ambito familiare.

Inoltre in molte università italiane sono cominciati progetti di ricerca sia sull'entità del fenomeno che sulle conseguenze sanitarie e psichiche prodotte dalla violenza maschile.

Sono emersi inoltre nuovi problemi, quale quello della tratta delle donne e dei minori e quello delle mutilazioni dei genitali femminili (Mgf).

Il traffico delle donne a fini di sfruttamento sessuale investe anche l'Italia con donne che provengono dall'Est Europeo e dall'Africa.

Si tratta di un fenomeno gestito in particolare da organizzazioni criminali come la mafia albanese e italiana. Riguarda migliaia di donne ridotte in condizioni di vera e propria schiavitù attraverso metodi violenti perpetrati nel tempo.

Le Mgf riguardano circa 30 mila donne di origine della fascia subsahariana presenti nel nostro paese e centinaia di bambine nate in Italia.

Le cose fatte

In questa complessa situazione le azioni intraprese dalla società civile, dal parlamento e dal governo (come indicato dalla Direttiva Prodi-Finocchiaro del 1997) hanno riguardato:

  • violenza sessuale;
  • violenza familiare;
  • violenza sui minori;
  • molestie e ricatti sessuali sul lavoro;
  • tratta a fini di sfruttamento sessuale;
  • mutilazione dei genitali femminili;
  • iniziative e campagne integrate.

Violenza sessuale

In Italia il primo risultato della Conferenza mondiale delle donne di Pechino è stata l'approvazione, il 15 febbraio 1996, di una nuova legge contro la violenza sessuale.

Vent'anni dopo la prima proposta di iniziativa popolare, attorno alla quale si erano raccolte quasi 400 mila firme, le parlamentari italiane hanno lavorato insieme superando le differenze di partito, per arrivare a una nuova legge che inserisse i reati contro l'integrità fisica e psicologica delle donne, perpetuati con mezzi sessuali, tra i reati contro la persona e non più tra quelli contro la morale e il buon costume.

Il riferimento al bene "persona" ha inteso conferire all'intervento legislativo un segno di novità e di superamento di arcaici valori, con una modifica radicale relativa alla sua collocazione.

Le altre modifiche introdotte dalla nuova legge sono il superamento di ogni differenziazione tra stupro e atti di libidine violenta, unificati in un unico reato di violenza sessuale, e la procedibilità di questo reato su querela irrevocabile della donna.

La possibilità del procedimento d'ufficio è prevista nel caso in cui questo reato sia associato ad altri reati, in modo particolare lo stupro di gruppo, e per la violenza nei confronti di minori, disabili o persone sottoposte a una autorità.

Si prevede invece la non punibilità se il reato è commesso tra minori di tredici anni, dove la differenza di età tra i minori stessi non sia superiore ai tre anni.

Questa legge, ancora poco utilizzata e verificata, è stata comunque già modificata dalla nuova legge contro lo sfruttamento sessuale dei minori.

Per rispondere in modo più adeguato alle donne che denunciano fatti di violenza in molte questure e commissariati d'Italia sono stati organizzati servizi specifici per fronteggiare e indagare la violenza sessuale.

Numerosi corsi di formazione sono stati organizzati in diverse realtà per operatori sociali.

A Milano è stato aperto il primo pronto soccorso sanitario sulla violenza presso la clinica Mangiagalli e all'università di Roma è stata strutturata la prima ricerca sulle patologie gastro-enterologiche prodotte dalla violenza.

Violenza familiare

Grazie all'azione delle donne e delle loro associazioni , il fenomeno della violenza familiare, per lungo tempo occultato o considerato di importanza minore, sta oggi emergendo in tutta la sua gravità.

Su proposta della ministra per le Pari opportunità, il Governo ha rappresentato il disegno di legge "Misure contro la violenza nelle relazioni familiari" (A.S. 2675), che introduce anche in Italia misure giudiziarie già esistenti negli ordinamenti di altri paesi per garantire l'allontanamento dalla casa familiare dell'autore di violenze.

Finora infatti l'unica possibilità che la donna aveva per sottrarsi alla violenza del coniuge o convivente era abbandonare la propria casa, subendo così un'ulteriore violenza.

Il disegno di legge è stato approvato dal Senato e dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati.

Se esso verrà definitivamente adottato, la donna vittima di violenza potrà scegliere se presentare denuncia penale, chiedendo dunque il carcere per il partner violento, oppure limitarsi all'azione civile, ottenendo l'allontanamento del marito o del convivente sia dalla casa che dai luoghi di abituale frequentazione, ed eventualmente il pagamento di un assegno.

Sulla violenza domestica il ministero degli Interni ha organizzato corsi di formazione specifica per le forze dell'ordine.

Un ruolo importante a sostegno delle vittime della violenza all'interno della famiglia è stato esercitato dai numerosi centri antiviolenza sorti in diverse città italiane. Spesso dotato di rifugi segreti o di case di accoglienza, forniscono sostegno psicologico e assistenza legale.

Violenze sulle/sui minori

Nel 1998 il Parlamento, spinto dalla pressione dell'opinione pubblica fortemente allarmata dai gravi episodi di violenza, abuso e pedofilia altre che per la battaglia condotta da molte associazioni contro il turismo sessuale ha varato la legge 269/98 "Norme contro la sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzione in schiavitù" che ha modificato la legge 66/96 contro la violenza sessuale nella parte relativa agli atti sessuali con minorenni e ha disciplinato la tratta e la prostituzione minorile in modo speciale rispetto alla legge Merlin del 1958.

La ministra per la Solidarietà sociale, in collaborazione con altri ministeri e con l'associazionismo, ha presentato al Governo la Linee guida contro la violenza e i maltrattamenti all'infanzia.

Queste affrontano il problema della conoscenza, monitoraggio, prevenzione, intervento e formazione degli operatori a sostegno dei minori violati o abusati, a partire dagli elementi comuni presenti nella violenza maschile contro le donne o contro i minori.

In molte realtà locali gli operatori sociali, sanitari e delle scuola hanno affrontato questo fenomeno grazie alle indicazioni del Piano governativo sull'infanzia e alla legge 285/1997 ("Disposizioni per la promozione di diritti e opportunità per l'infanzia e l'adolescenza") che indica interventi in questo ambito mettendo a disposizione anche risorse finanziarie.

Molestie e ricatti sessuali sul lavoro

Il fenomeno delle molestie sui luoghi di lavoro è molto esteso e oggi colpisce anche le lavoratrice autonome, come dimostra una recente ricerca dell'Istat.

Su questo problema negli ultimi anni si lavorato molto, soprattutto da parte delle donne dei sindacati. Grazie a questo lavoro sono state introdotte misure specifiche nei contratti collettivi nazionali di lavoro a tutela delle lavoratrici e sono stati definiti numerosi codici di comportamento soprattutto nell'ambito del pubblico impiego e della sanità.

Il Senato ha approvato una proposta di legge contro le molestie sessuali sui luoghi di lavoro (A.C. 4817), ritenute di particolare gravità proprio per la connessione con l'attività professionale, e per il rischio che esse si trasformino in veri e propri ricatti, se la lavoratrice si trova in condizioni di subordinanza rispetto all'autore del comportamento molesto.

Sta crescendo in Italia anche l'attenzione nei confronti del mobbing, cioè la vessazione e persecuzione psicologica sul luogo di lavoro, da parte di colleghi o superiori.

Secondo alcuni studi ne sarebbero vittime milioni di lavoratrici e lavoratori, in maggioranza nel settore pubblico.

Per combattere questo fenomeno sono state presentate due proposte di legge al Senato e tre alla Camera, dove il testo è in discussione in Commissione.

La tratta delle donne

L'azione di prevenzione e di contrasto al fenomeno della tratta è stata una delle materie di maggior impegno per il Dipartimento pari opportunità, in un'ottica di integrazione tra protezione dei diritti delle donne trafficate e represse del fenomeno criminale.

Nel febbraio 1998 è stato istituti presso il Dipartimento Comitato interministeriale di coordinamento delle azioni di governo contro la tratta di donne e minori ai fini della sfruttamento sessuale, presieduto dalle ministre per le Pari opportunità e la Solidarietà sociale, e comprende i ministeri di Grazia e giustizia, degli Interni, degli Esteri e la Procura generale antimafia, in collaborazione con le associazioni laiche e cattoliche con maggior esperienza nel campo.

Il Comitato studia e analizza il fenomeno della tratta ed è centro di coordinamento per l'azione di governo in Italia e nelle sedi internazionali.

Mutilazioni dei genitali femminili

Il Dipartimento per le pari opportunità, in collaborazione con l'istituto superiore di sanità e i ministeri per la Sanità e la Solidarietà sociale, ha organizzato nel 1997 un Seminario nazionale per gli operatori sanitari ostetrici, ginecologici e pediatrici che ricevono nelle strutture ospedaliere le donne che hanno subito mutilazioni genitali, per definire insieme a loro forme di conoscenza del fenomeno e di accoglienza positiva.

Questo ha prodotto una maggiore attenzione al fenomeno da parte dell'università e di molti operatori sanitari che stanno lavorando per definire forme diverse di preparazione e centri regionali di riferimento.

Presso il Dipartimento è stato poi costituito nel 1999 un Comitato tecnico-scientifico sulle mutilazioni dei genitali femminili, per definire un rilevamento sistematico sulle donne con Mgf e per elaborare linee guida per l'università e le strutture socio-sanitarie italiane sul corretto modo di affrontare le mutilazioni dei genitali femminili, sia dal punto di vista culturale che da quello sanitario, con centri di riferimento regionali a cui collaborino operatori specializzati.

Attenzione al fenomeno comincia a essere dimostrata anche dagli ambulatori per la salute degli immigrati istituiti presso alcune strutture pubbliche quali gli ospedali Mangiagalli di Milano e San Valicano di Roma.

Aumenta anche l'attenzione dei media, come dimostra la copertura data alla notizia della prima condanna di un cittadino egiziano sposato con un'italiana che aveva fatto infibulare la figlia durante una vacanza in patria e il successo della campagna "Infibulazione. Una ferita sempre aperta" dell'Aidos. Associazione italiana donne per lo sviluppo" lanciata l'8 marzo 2000.

Per sradicare le Mgf occorre però intervenire nei paesi dove sono praticate, a partire dalle azioni già avviate dalle donne in questi paesi.

E' quanto stanno facendo alcune organizzazioni non governative internazionali quali Amref in Kenya, e italiane.

In particolare l'Aidos collabora dalla metà degli anni ottanta con il Comitato interafricano contro le pratiche tradizionali dannose per la salute di donne e bambini in diversi paesi africani e partecipa a diversi programmi di ricerca e prevenzione a livello europeo.

Una rete contro le violenze

"La prima 'Indagine conoscitiva sulla violenza alle donne? È il frutto di un intenso lavoro collettivo che ha coinvolto per più di un anno la grande maggioranza delle Case delle donne e dei Centri antiviolenza della regione Emilia Romagna. Si tratta di 15 associazioni di donne che da molti anni ormai si occupano del problema della violenza, offrendo sostegno alle donne che a causa di essa si trovano in situazioni di difficoltà.

Sono gruppi che vivono grazie al lavoro di volontari di molte, e in alcuni casi grazie a fonti di finanziamento pubblico: Pur nella difficoltà dei presupposti e dei riferimenti politici esistono fra di essi alcuni forti elementi di comunanza: un riconoscimento comune di appartenenza al movimento politico delle donne, la percezione di sé come di realtà sociali e politiche che ora non si identificano con il livello istituzionale e che vogliono agire in modo autonomo e indipendente anche nel caso in cui vengano da esse finanziate, una scelta di fondo dalla parte delle donne che cercano aiuto, il riconoscimento che la responsabilità della violenza è di chi la agisce e che la violenza contro le donne è innanzitutto un problema maschile" Così scriveva Giuditta Creazzo della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna nel presentare il "ritratto" delle 1999 donne che nel corso del 1997 si erano rivolte ai centri emiliani.

La stessa casa bolognese si era fatta promotrice, qualche anno prima, di un lavoro di rete a livello nazionale, sintetizzato nelle due edizioni del volumetto Come ci trovi. 63 gli indirizzi censiti, che attraversano la penisola in lungo e in largo: una realtà complessa nata a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, che nel rapporto con le istituzioni locali ha saputo cogliere l'occasione per sviluppare metodologie e professionalità fortemente radicate nella relazione diretta con le donne che subiscono violenza e nel percorso politico femminista. Ne sono un esempio la Casa delle donne maltrattate di Milano (nata nel 1986, accoglie 1000 donne l'anno circa grazie al lavoro di 70-80 volontarie e 10 coordinatrici, 2 psicologhe e 8 avvocate) e quella di Palermo, che grazie a un uso sapiente delle risorse europee ha coniugato il lavoro di accoglienza e sostegno contro le violenze (arrivando persino ad ottenere procedure d'urgenza per l'assegnazione del gratuito patrocinio) con la formazione per la creazione di piccole imprese delle donne; il Centro antiviolenza di Venezia, collocato all'interno del Centro donna, cioè in stretta relazione con le realtà dell'associazionismo femminile veneziano; Differenza donna a Roma (che gestisce sia il Centro antiviolenza del Comune che quello della Provincia); l'Associazione casa alloggi protetti di Bolzano; i Gruppi donne e giustizia (nati spesso all'Interno dell'Udi) di Modena, Ferrara, Bologna; il Centro Artemisia di Firenze, che ha dedicato particolare attenzione alle violenze su bambine e adolescenti lavorando in stretto contatto con l'Ufficio minori della Pubblica sicurezza, i tanti "telefoni" creati sul modello del Telefono rosa fondato a Roma nel 1988, oggi promotore di una rete di accoglienza e sostegno legale a livello nazionale, e che per primo ha sollevato il problema della violenza nei confronti delle anziane.

Difficile sintetizzare in poche righe questo patrimonio peculiare della realtà italiana, che ha integrato, se non sostituito, una risposta istituzionale al problema della violenza (soprattutto in ambito familiare) rimasta per troppo tempo o ancora oggi inadeguata.

"On the road"

Sulla strada: si chiama così una delle tante associazioni che in Italia assistono le prostitute di strada, fornendo servizi di prevenzione, informazione e assistenza sanitaria, consulenza legale e psicologica, accoglienza.

La strada in questione è la Strada provinciale Bonifica, tra l'Abruzzo e le Marche, dove lavorano centinaia di prostitute albanesi, nigeriane e dell'Europa dell'est, molte delle quali vittime della tratta. Ascoltarle, aiutarle a ritrovare forza e conoscenza di sé, rifiutando ogni atteggiamento paternalista e offrendo invece rifugio, formazione linguistica e professionale e inserimento lavorativo se scelgono di sfuggire ai trafficanti, sono i compiti che si prefiggono volontari/e impegnati/e nell'associazione, attraverso una rete di solidarietà e competenze costituita sul territorio.

"On the road" fa parte del Cnca, il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, cui aderiscono più di 200 gruppi e circa 9 mila volontarie e volontari, impegnati nella lotta al disagio sociale secondo principi empowement e centralità della persona.

Con loro, sono decine i gruppi italiani che fanno interventi di strada e attività contro la tratta delle donne, quali ad esempio: il Comitato per i diritti civili delle prostitute, che opera a Pordenone, Bolzano, Bologna, Mestre, Verona, Modena, Milano, Genova e Torino; il Gruppo Abele di Torino, che vanta anche un'intensa attività editoriale; l'Associazione Papa Giovanni XXIII e l'azienda Usl di Rimini, il Cip e il Cat di Firenze, moltissimi centri antiviolenza e case delle donne, i comuni ci Venezia, Torino, Bologna e moltissimi comuni dell'Emilia-Romagna organizzati fra loro in rete.

La Cooperativa Parsec di Roma ha effettuato in collaborazione con l'Università di Firenze due importanti ricerche sul traffico delle donne immigrate in Italia per lo sfruttamento sessuale e ha avviato due corsi di formazione rivolti prevalentemente alle migranti per "operatrici di strada" e gestione dei servizi.

Infine, particolarmente impegnata contro la tratta delle donne è la Caritas Italiana, con azioni nazionali di coordinamento, formazione, informazione, collegamento con i paesi d'origine e con il lavoro sul campo di moltissime Caritas diocesane.